[#51] - L’algoritmo RAI che legge Calvino: la strategia "algo-autoriale" tra AI, talenti digitali e la propria storia
Potrebbe mai esistere un algoritmo AI pubblico? Un ossimoro oppure un brillante punto di equilibrio tra l’innovazione e la tutela pubblica? L'approccio di RAI
La RAI, storica custode della cultura italiana, sta facendo una scommessa molto interessante con RaiPlay: lanciare un algoritmo capace non solo di adattarsi ai gusti del pubblico, ma di rispettare rigorosamente l'identità editoriale ed i principi etici del servizio pubblico. Lo chiamano approccio algo-autoriale, una sorta cocktail gourmet equilibrato a base di AI e supervisione umana.
Questo articolo nasce da una chiacchierata con Alberto Messina, AI Manager & Head of R&I Unit in RAI che ringrazio davvero moltissimo per i contributi tecnici! 🙏🏻
Molto interessante il suo blog tecnico/scientifico
DBPL
Potrebbe sembrare una contraddizione, ovvio, eppure è davvero il cuore della Digital Transformation di RAI per gli anni futuri. Come in ogni trasformazione che si rispetti, ci sono anche delle importanti sfide da affrontare.
La principale è quella di utilizzare le metriche ed i dati tipici dei giganti dello streaming ma con un twist tutto Italiano, mi riferisco al pluralismo, alla diversità ed alla qualità editoriale prima del puro engagement. L'ambizione è chiara, ovvero distinguersi nel panorama media internazionale grazie ad una visione eticamente consapevole dell’Intelligenza Artificiale.
Come funziona “l’algoritmo autoriale" di RaiPlay?
Il nuovo motore di raccomandazione, sviluppato insieme a Engineering e ContentWise, combina alcune tecnologie avanzate ma anche un importante intervento umano:
AI generativa → arricchisce e collega oltre 6.200 titoli, migliorando la “content discovery” dei contenuti più nascosti, di nicchia e preziosi dell’archivio multimediale RAI;
Real-time analytics → il sistema sviluppato misura costantemente l'interesse degli spettatori, adattando le raccomandazioni con rapidità ed efficacia;
Supervisione editoriale → bene la tecnologia ma la cura editoriale assicura che nessuna raccomandazione sia lasciata esclusivamente all'arbitrio matematico dell'algoritmo, preservando quindi il pluralismo e diversità dei contenuti per l’utente.
L’obiettivo della RAI è quello di offrire una personalizzazione dei contenuti ma non delle bolle. Così facendo, la piattaforma RaiPlay si differenzia quindi nettamente da altre che puntano esclusivamente sulla massimizzazione del tempo di visione e quindi ai profitti correlati.
Perché investire nelle persone prima che nel codice?
Allo stato attuale delle cose e probabilmente ancora per diverso tempo, nessun algoritmo si governa da solo. Proprio qui che entra in scena il piano strategico di reclutamento HR, 120 nuove figure professionali dal mondo del giornalismo. In passato RAI ha anche tenuto dei corsi di formazione per l’utilizzo dell’AI generativa nel giornalismo.
Il significato strategico qui è molto profondo, la RAI non vuole comprare algoritmi "in scatola" ma vuole forgiare il suo futuro dall’interno, coltivando i talenti capaci di integrare la creatività, l’etica editoriale e competenze tecniche. Questo investimento nelle persone, rappresenta una scelta che definirei lungimirante per affrontare efficacemente le future sfide tecnologiche e culturali del settore dei media.
RAI e sostenibilità, l'AI può essere "green"?
Sappiamo tutti che l'AI consuma una grande quantità di energia elettrica e risorse, il servizio pubblico non può permettersi di ignorare il tema ambientale fosse anche solo per motivi di immagine. La RAI sta affrontando la questione con serietà strategica, considerando sia gli impatti ambientali diretti (energia consumata dai Data Center e CDN) sia quelli indiretti (produzione hardware, utilizzo risorse naturali…).
Quanto pesa l'algoritmo puro, in termini ambientali? Quanto costa in acqua, energia e risorse? Questi aspetti diventano importanti, soprattutto per una piattaforma che si dichiara al servizio della collettività.
L’approccio RAI nel panorama europeo, isolata o apripista?
La RAI non è la sola ad affrontare queste sfide, BBC, RTVE, ARD/ZDF: tutti i più grandi broadcaster europei stanno esplorando approcci diversi per integrare algoritmi editoriali, condividendo esperienze e forse un giorno anche le tecnologie tramite tavoli comuni all’interno dell’European Broadcasting Union (EBU). Questo confronto internazionale offre alla RAI l’opportunità di apprendere ma anche di contribuire e direzionare la definizione di standard comuni per l'utilizzo etico dell'AI nei media pubblici.
Fin dove arriverà l’AI in RAI?
Guardando un pò oltre, le applicazioni potenziali dell’AI nel servizio pubblico sono molteplici e spaziano dalla generazione automatica di contenuti fino al fact-checking delle informazioni in tempo reale. L’evoluzione potrebbe quindi includere velocemente strumenti di doppiaggio automatico, sintesi vocale sempre più avanzata, highlights automatizzati e tecnologie per archiviare e gestire enormi quantità di dati storici. Proprio su quest’ultimo punto, la RAI sta puntando in maniera massiccia, non solo tramite Intelligenza Artificiale.
Ma quanto e come si impegnerà RAI senza perdere la bussola editoriale e qualitativa che la contraddistingue? Il limite non sarà di certo tecnologico, ma piuttosto etico.
Una scommessa strategica ma senza saltare nel vuoto
L’approccio algo-autoriale di RaiPlay e la volontà annunciata di investire in talenti digitali prima delle tecnologie, si ricollegano, come sempre alla strategia aziendale. Il punto centrale è quello di innovare ma senza tradire il proprio mandato e la propria natura storica.
Vorrei concludere con una domanda aperta per tutti i lettori di The Strategy Spark, quando utilizzate RaiPlay percepite davvero che l'algoritmo rispetta e valorizza i vostri gusti, oppure avete paura di finire "intrappolati in una bolla" come spesso succede nei servizi di streaming?
La trasformazione digitale della RAI è già iniziata, come ogni buona serie TV aspettiamo con impazienza la prossima puntata 🙃