Parte 2/4 - I grandi “classici” della strategia (anni ‘60–’80)
Le basi classiche della strategia aziendale: un fondamento indispensabile, ma oggi occorre agilità e adattamento veloce.
Continuiamo con la seconda parte sulla storia e l’evoluzione della Strategia Aziendale, qui sotto troverai l’articolo precedente.
L’emergere delle prime teorie “strutturate”
Verso la metà degli anni ’60, con l’economia statunitense ancora in forte crescita e le imprese sempre più diversificate, si consolida l’idea che la strategia non debba più essere solo una “visione” o un “obiettivo di lungo termine”, ma debba assumere una vera e propria forma operativa.
In poche parole: esistono meccanismi, modelli e metodologie in grado di aiutare i Manager a prendere decisioni (ad es. di investimento, di organizzazione del portafoglio prodotti, di ingresso in nuovi mercati…).
Igor Ansoff e l’approccio “Corporate Strategy”
Nel 1965, Igor Ansoff (professore e consulente di origine russa, formatosi negli Stati Uniti) pubblica il libro “Corporate Strategy - McGraw-Hill 1965”, uno dei primi tentativi di sistematizzare la pianificazione strategica.
Nel libro, Igor Ansoff introduce alcuni concetti di cruciale importanza come:
L’analisi delle sinergie e dei rischi di diversificazione.
L’importanza di allineare le politiche funzionali (Marketing, R&D, Finanza) agli obiettivi di Corporate.
La Matrice Prodotto/Mercato (che prenderà poi il nome appunto di Matrice di Ansoff), un modello piuttosto semplice ma potente per ragionare sulle opzioni di crescita.
La Matrice di Ansoff in sostanza incrocia due variabili – i prodotti (quelli già esistenti oppure di nuovi) ed i mercati (anche qui esistenti oppure nuovi) – evidenziando quattro strategie principali:
Penetrazione di mercato (prodotti attuali, mercati attuali)
Sviluppo di mercato (prodotti attuali, nuovi mercati)
Sviluppo di prodotto (nuovi prodotti, mercati attuali)
Diversificazione (nuovi prodotti, nuovi mercati)
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Questa matrice, che oggi si trova in tutti i manuali di strategia tradizionali, permette di visualizzare dove e come un’azienda può crescere. È considerata la prima “mappa” strategica formale: semplice, ma d’ispirazione potentissima.
I framework storici più celebri - Matrice BCG (Growth-Share Matrix)
Negli anni ’70, la Boston Consulting Group (BCG), una società di consulenza fondata da Bruce Henderson, elabora un modello di portfolio per gestire imprese multi-Business. Questa Growth-Share Matrix classifica i prodotti o le divisioni di un’azienda in base a:
Tasso di crescita del mercato (alto oppure basso)
Quota di mercato relativa (alta oppure bassa)
Ne derivano di conseguenza quattro quadranti:
Stelle (Stars): alto tasso di crescita e alta quota di mercato
Vacche da mungere (Cash Cows): bassa crescita, ma alta quota di mercato
Dilemma (Question Marks): alta crescita, ma quota bassa
Cani (Dogs): bassa crescita, bassa quota
L’idea è che le “stelle” abbiano bisogno di investimenti massicci, ma possano diventare le “vacche da mungere” di domani, in grado di generare flussi di cassa stabili. I “dilemma” invece richiedono una scelta: o investirci per farli diventare “stelle”, o dismetterli se non promettono un buon posizionamento. I “cani” vanno spesso chiusi o venduti. Questo framework fornisce una vista d’insieme sulla gestione del portafoglio e la distribuzione delle risorse finanziarie. Per decenni è stato un must per chiunque analizzasse la strategia Corporate di un’azienda diversificata.
Perché nella matrice c’è anche scritto “Growth-Share”? Perché la redditività di una Business Unit, secondo BCG, dipende dall’equilibrio tra quanto cresce il mercato e la posizione competitiva (ovvero la quota di mercato). Se un’azienda ha una quota relativa elevata, spesso può beneficiare di economie di scala e costi unitari più bassi.
Le 5 Forze di Porter
Verso la fine degli anni ’70, si affaccia uno dei concetti più influenti del pensiero strategico, destinato a permeare l’analisi di interi settori industriali: il modello delle 5 forze di Michael Porter. Pubblicato inizialmente su Harvard Business Review nel 1979, questo framework parte dalla domanda: “perché alcuni settori sono più redditizi rispetto ad altri?”
Michael Porter individua cinque forze competitive fondamentali che influenzano la redditività di un’industria:
Minaccia di nuovi entranti
Minaccia di prodotti sostitutivi
Potere contrattuale dei fornitori
Potere contrattuale dei clienti
Intensità della rivalità tra i concorrenti esistenti
L’idea di base è che, dove queste forze sono intense, i profitti tendono a comprimersi (ad es. rivalità feroce, alti poteri contrattuali di fornitori/clienti, facilità di ingresso di nuovi competitor, ecc.). Viceversa, se una o più forze sono deboli, c’è spazio per una redditività elevata. Per i Manager, analizzare le 5 Forze significa scoprire quanto attraente (oppure rischioso) sia un settore e come posizionarsi per limitare l’impatto delle forze negative. È un modello semplice da visualizzare e comunicare, ma estremamente pervasivo.
Mia nota critica: in origine, Porter si focalizza molto su contesti relativamente stabili, dove la concorrenza si manifesta con dinamiche ben definibili e quasi prevedibili. Oggi invece, in mercati più turbolenti (specie quelli tecnologici e con alto tasso di innovazione), le forze cambiano in maniera molto rapida, e questo richiede degli aggiornamenti frequenti dell’analisi con tutti i costi annessi.
Analisi SWOT
L’Analisi SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats) è un altro strumento semplificato ma abbastanza versatile, emerso tra gli anni ’60 e ’70 nell’ambiente delle Business School Statunitensi (l’Università di Harvard in primis). Con la sua matrice 2×2, la SWOT Analysis combina:
Fattori interni (Strengths e Weaknesses, punti di forza e debolezza)
Fattori esterni (Opportunities e Threats, opportunità e minacce)
È un modo immediato per avere una fotografia della situazione di un’azienda o progetto, valutando le risorse interne e le condizioni di mercato. Ancora oggi, la SWOT è spesso il primo passo in qualsiasi processo di pianificazione strategica, perché aiuta a organizzare i pensieri e successivamente a comunicare più efficacemente le priorità.
PESTEL
La PESTEL Analysis (o PESTLE) è un’evoluzione delle originarie PEST/STEP: un simpatico acronimo che sta per:
Politico
Economico
Sociale
Tecnologico
Ecologico (o Ambientale)
Legale
Questo framework si occupa di valutare i fattori macro-ambientali che possono influenzare un’azienda oppure un intero settore. Anche questa è un’analisi “checklist” che completa lo sguardo interno-esterno della SWOT: aiuta a identificare trend e condizioni di contesto (ad esempio, cambiamenti normativi, innovazioni tecnologiche, mutamenti demografici, ecc.) prima di definire una strategia. Un elemento che chiarisce come i Manager, già negli anni ’80, iniziassero a considerare seriamente la complessità esterna all’organizzazione – non solo la concorrenza ovviamente ma anche la politica, il clima, le regolamentazioni e altri aspetti.
I grandi limiti dei modelli classici
Questi framework che ti ho appena descritto e riassunto– Ansoff, BCG, Porter, SWOT, PESTEL – hanno segnato la formazione di generazioni di Manager e rappresentano tuttora un linguaggio molto diffuso nelle aziende.
Però, vanno contestualizzati con precisione:
La stabilità relativa → molti di questi modelli presuppongono cicli di vita dei settori o dei prodotti abbastanza lunghi e prevedibili. In un mercato iper-veloce (come quello digitale di oggi), le dinamiche possono cambiare prima ancora che l’analisi sia completata.
Orientamento al Business “fisico” → questi framework sono stati storicamente sviluppati per settori industriali/manifatturieri. Le forze competitive dei modelli di Porter, ad esempio, rispecchiano un contesto più maturo (es. settore auto o dell’acciaio), mentre in settori Tech e Gigital può emergere una sesta o settima forza (piattaforme, network effects, ecc.).
Più analisi, meno “execution” → questi modelli sono più o meno validi per effettuare delle diagnosi e pianificazioni su orizzonti di medio-lungo termine, ma contemporaneamente non offrono alcun tipo di strumento per l’esecuzione rapida o la gestione dell’incertezza quotidiana presente in ogni azienda.
Centralità del Top Management → la strategia è vista come qualcosa formulato dai vertici, che poi “calano dall’alto” sulle unità operative. Le forme di partecipazione diffusa e iterativa (tipiche invece dei metodi agili più moderni) erano molto limitate se non quasi assenti del tutto.
Ciononostante, i framework classici vengono tutt’oggi ritenuti come fondamentali per avere una base di partenza e come “cassetta degli attrezzi” d’analisi. Non a caso, molte aziende continuano a insegnarli ai propri Manager e a integrarli nei processi di pianificazione. Il segreto di chi riesce a coniugare gli approcci classici con il mondo moderno, come spesso accade, sta nel combinare le analisi formali con la velocità e la flessibilità richieste oggi.
Il lascito di questi modelli e la rilevanza attuale
Nonostante si parli comunque di “modelli del secolo scorso”, l’uso di questi framework è ancora piuttosto diffuso. Domandarsi il perchè sorge spontaneo.
Sono metodi didattici, che favoriscono un linguaggio comune e insegnano concetti-chiave come diversificazione, posizionamento competitivo, analisi interna vs. esterna. Non è un caso che nelle Università, quando si parla di strategia, oggi insegnano proprio questo.
Orientano le scelte pur essendo semplificati, aiutano a riflettere sulle priorità, sulle aree di investimento e sui potenziali rischi.
Sono modulari, infatti un’azienda può, in parallelo, costruire una matrice BCG per allocare risorse tra prodotti diversi, fare un’analisi SWOT per un lancio sul mercato, e usare le 5 Forze per valutare la redditività di un nuovo settore.
Come ho anticipato in precedenza, oggi viviamo in un’epoca di cambiamenti molto più rapidi, con incertezze e dinamiche tecnologiche che richiedono un approccio estremamente adattivo e veloce. Ciò ha aperto la strada, a partire dagli anni 2000, a nuovi modelli come Lean Startup, OKR, Blue Ocean Strategy, Business Model Canvas.
Tutti temi che affronteremo nella prossima uscita, quindi 👇